Sono anni che sento parlare di questa "Balena" fra gli abitanti di Vecchiazzano, ma non mi era mai capitata la foto fra le mani, è vera storia.
Un grosso ringraziamento al sig. Simoncelli che ha fornito questa meravigliosa foto.
Mi sono rivolto a Gilberto Giorgetti, chi meglio di lui può descrivere il fatto?
Gentilmente Gilberto mi scrive: "Il carro allegorico che si vede nella foto scattata da Nello Rossi nel piazzale della Vittoria di Forlì partecipò alla manifestazione politica del 1949 contro il Piano Marshall, promossa dalla Sezione del Partito Comunista di Forlì. Ogni Sezione di partito del forlivese ebbe l’incarico di allestire un carro per una sfilata di contestazione (leggi wikipedia) e, pur avendo solo otto anni, ricordo bene che l’idea di fare una balena che si mangiava un pesce più piccolo scaturì dai dirigenti della cellula di Vecchiazzano, i quali scelsero come luogo per la costruzione del carro la casa Zirundén, dove io vivevo con mia madre e i nonni, in attesa che mio padre Agostino tornasse dal fronte russo. Ritorno che non avvenne mai. Ovvio dire che la balena rappresentava l’America che si mangiava economicamente l’Europa. Cosa che in realtà non faceva parte del progetto Marshall, ma la Russia non accettandolo lo profilò come possibile ai paesi satelliti e dove il comunismo aveva attecchito. Anzi coi finanziamenti del Piano Marshall l’Europa ebbe un’accelerazione produttiva notevole, che la portò in breve tempo al boom economico degli anni Sessanta.
Gilberto Giorgetti"
(da Wikipedia) Denominato ufficialmente, a seguito della sua attuazione, Piano per la ripresa europea (European recovery program), il Piano Marshall fu uno dei piani statunitensi per la ricostruzione dell'Europa dopo la Seconda guerra mondiale (vedi anche Piano Morgenthau). Il discorso con cui l’allora segretario di Stato statunitense George Marshall annunciò al mondo, il 5 giugno del 1947 dall’Università di Harvard, la decisione degli Stati Uniti di avviare l’elaborazione e l’attuazione di un piano di aiuti economico-finanziari per l’Europa che poi, per convenzione storiografica, sarebbe stato noto come "Piano Marshall", fu senza dubbio uno dei momenti più alti della storia della politica internazionale nell’immediato secondo dopoguerra. Marshall affermò, in quell’occasione, che l’Europa avrebbe avuto bisogno, almeno per altri 3-4 anni, di ingenti aiuti da parte statunitense e che, senza di essi, la gran parte del Continente avrebbe conosciuto un gravissimo deterioramento delle condizioni politiche, economiche e sociali. Pur rimanendo sul vago, relativamente a quelli che avrebbero dovuto essere i caratteri del Piano, in primo luogo perché se ne volevano predisporre i termini con gli europei, il segretario di Stato si augurò che da esso sarebbe potuta scaturire non solo una nuova e più proficua epoca nella collaborazione tra le due sponde dell’Atlantico, ma anche una prima realizzazione di quei progetti europeisti fino ad allora caratterizzati da un certa vaghezza utopistica. L’idea di Marshall, che era stata comunque già sostanzialmente comunicata agli inglesi, venne positivamente accolta dalla Francia che però chiese di estendere gli incontri preparatori anche all’Unione Sovietica che, comunque, dopo un'iniziale manifestazione di interesse, si rifiutò di partecipare al negoziato, obbligando anche tutti i Paesi della sua zona d’influenza a fare altrettanto. È scontato ricordare che i nemici degli Stati Uniti nonché la storiografia d’impronta marxista abbiano visto nel Piano Marshall nient’altro che uno strumento per perpetuare il cosiddetto dominio degli Stati Uniti sull’Europa e per rendere le economie del Continente funzionali alle esigenze del sistema produttivo statunitense. Questa interpretazione fu definita "imperialista". Studi più recenti hanno però dimostrato che - pur favorendo una certa interdipendenza tra i due sistemi economici (quello statunitense e quello europeo), che comunque sarebbe stata probabilmente inevitabile in ogni caso - il Piano Marshall non ostacolò ma anzi favorì la ripresa economica del Vecchio Continente e, soprattutto, non impedì all’industria europea di diventare, nel giro di pochi anni, un temibile concorrente di quella statunitense. |