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Articolo inserito da Gilberto Giorgetti in data 12/08/2006
Personaggi
letto 22029 volte in 18 anni 3 mesi e 11 giorni (3,3)
Giorgio Lotti (1941-2006)
Dopo l’ennesima ed accalorata discussione politica, avrò sempre presente quel risentito: “io da te non vengo più!”. Se ne andò da casa mia con la sigaretta fra le dita e non ritornò più.
Idealmente, con Giorgio Lotti mi legavano poche cose, lui ateo e io cattolico, lui iscritto al P.C.I. e io simpatizzante della D.C.
Ciò che veramente ci legava era una terra aspra e “rossa” come quella di Vecchiazzano, l’anno di nascita (1941), le nostre famiglie, entrambe comuniste, le scuole elementari, la vicinanza di casa, i giochi infantili e il ritrovo nel circolo comunista. Sì, perché Giorgio ed io fummo i primi e forse gli unici “Pionieri”, iscritti a Vecchiazzano. Poi la svolta religiosa mi avvicinò più alla parrocchia che al circolo e negli anni a seguire i diversi interessi e le nuove amicizie ci allontanarono.
Lui rimase un fervente lottatore politico, a volte dissidente col partito stesso, ma sempre comunista. Un comunista “puro” che non intendeva annacquare i suoi principi nel trogolo comune delle ideologie. Era un idealista e lo è rimasto fino all’ultimo respiro. Io, invece, m’interessai di arte e di storia locale, mi sposai e lavorai alle Poste di Forlì; lui, maestro elementare, si laureò in pedagogia e andò ad insegnare in giro per l’Italia, specialmente a Milano, ai carcerati e agl’extracomunitari, dove nella città meneghina, frequentando oratori, circoli e sedi di partito, ha lasciato profonde amicizie.
Verso la fine degli anni Ottanta, dopo la malattia che mi ha reso invalido e dopo tanti anni di mancata frequentazione, Giorgio venne a trovarmi con lo stesso spirito solidale con cui sarebbe andato ad una manifestazione per la Pace o avrebbe partecipato ad uno Scudo Umano… e così venne a visitare anche il vecchio amico in difficoltà.
Giorgio, fondamentalmente buono e generoso, quando parlava di politica era irremovibile, ma se lo riteneva giusto rendeva onore all’avversario e gliene riconosceva persino i meriti.
Negli ultimi anni che ci frequentammo, lui mi veniva a trovare spesso e gira e rivolta si “cadeva” sempre nella politica: si discuteva anche animatamente ma poi tutto si placava se l’argomento si trasferiva in arte o in religione. Giorgio si è sempre dichiarato ateo, ma quando si parlava profondamente di Dio e della fondamentale ragione dell’esistenza umana, il suo sguardo si illuminava di misterioso dubbio, fino ad addolcirlo nei gesti e nell’espressione verbale.
Da quel giorno che se ne andò, quasi sbattendo la porta, l’avrò incontrato un paio di volte senza però avere l’occasione di potergli parlare. Sapevo di lui leggendo sui giornali dei suoi digiuni solidali e delle sue avventure politico-umanitarie in giro per il mondo. Alcune informazioni le avevo anche da Patrizia, una mia cugina che, come lui, insegna a Modigliama. Poi venni a sapere che non stava bene, era all’ospedale e lo mandai a salutare da mia moglie. Ricambiò il saluto con la stessa indubbia cortesia di sempre.
Giorgio ed io non c’eravamo più cercati da quella sera, eppure mi mancava il suo animato dibattito politico… mi mancavano e, ora più che mai, mi mancano le sue magliette “rivoluzionarie”, i Che Guevara impressi a tinte forti, come dipinti di Andy Warhol; mi manca vederlo pedalare sulla sua inseparabile bicicletta e quasi mi manca perfino l’odore forte delle sue fastidiose sigarette che quando parlava impregnavano costantemente l’aria.
Ciao Giorgio, per ora ci siamo nuovamente lasciati, ma c’incontreremo ancora!


La foto di Giorgio Lotti è stata scattata da Mario Baldazzi di Bologna con pellicola Polaroid-manipolata - Gruppo Polaser Italia


Foto pervenuta da Limbiate (Milano)

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