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Articolo inserito da Andrea Gorini in data 13/11/2007
Attività culturali
letto 22473 volte in 17 anni 0 mese e 1 giorno (3,62)
Il Maraffone o Beccaccino

Dove e quando è stato inventato il "Maraffone" o "Beccaccino"?

La data esatta non si conosce, ma a San Varano, alle porte di Vecchiazzano, nella struttura della Banca di Forlì, è stata affissa nel 1995 una targa in ceramica che narra:

Il gioco del Marafone o Beccaccino si gioca con le classiche 40 carte Romagnole.

Raffiguranti le quattro classi della società:

Denari, i Commercianti
Spade, i Guerrieri
Bastoni, gli Agricoltori
Coppe, gli Ecclesiastici 

Parole chiavi del maraffone sono: 

böss, busso, voglio la migliore 
strèss, striscio, ne ho ancora  
vòl, volo, non ne ho più

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Commenti
 
Commento inserito da Gilberto Giorgetti in data 15/11/2007 20:45:45
www.vecchiazzano.it/p.asp?p=466&i=197
Il gioco delle carte non mi diverte proprio e di conseguenza, pur conoscendo alcune regole, non gioco a carte perchè non so giocarle. Ciò nonostante sono un curioso per natura e quindi interessato a tutto ciò che non conosco o non conosco bene.
Dopo questa premessa, tratto da una ricerca di Gastone Gattelli, mi piace tracciare alcune note sulle presunte origini del “marafone”, il gioco delle carte più amato dai romagnoli.

Anche la Romagna, oltre alla sua storia, i suoi usi e costumi, il suo idioma, la sua letteratura e le sue canzoni, ha anche il suo “passatempo regionale”, ovvero il “marafone” o “marafôn-beccaccino”.
Quando, dove e perché si è iniziato questo gioco delle carte?
Negli anni Settanta, il compianto Alteo Dolcini, nel volume “Il Principe di Romagna”, tentò di risolvere il problema cercando l’origine dei nomi, “marafôn” e “beccaccino”.
La domanda sorgeva spontanea:
da dove deriva e perché nel forlivese è noto come “Marafone”, mentre nel ravennate è chiamato “Beccaccino”?
Nei vecchi dizionari del Morri (1863) e del Mattioli (1879), i vocaboli ancora non esistevano, mentre Libero Ercolani, nel vocabolario “Romagnolo-Italiano/Italiano-Romagnolo”, alla voce “Marafôn” scrive quanto segue:
“… s.m. stampa da caccia per appostamento in valle, costruita con erba palustre / Zimbello di paglia / Beccaccino / Gioco che si fa con le carte romagnole”.
Lo stesso Ercolani, in una lettera inviata ad Alteo Dolcini, il quale gli chiedeva precisazioni in merito, gli suggerisce di orientare la parola “marafone”, come un’espressione dialettale del XIX secolo. Infatti, “marafone” assumerebbe il significato di furbacchione o astuto (vafer in latino). Quindi, secondo Ercolani, il termine “marafôn” potrebbe derivare dalle seguenti espressioni:
a) perché deriva da “arraffare” e dal tedesco “Raffen” (portar via);
b) da “Maratona”: “mo quest’ll’è una maratona!”;
c) da “me-araf”: io prendo;
d) si dice che voglia dire “quattro muti”;
e) dal soprannome di chi lo ideò e lo portò in zona;
f) avrei proprio piacere di saperlo!
Per quanto riguarda il termine “beccaccino”, purtroppo non è ancora emersa nessuna ipotesi.

ORIGINE DEL GIOCO DELLE CARTE
Confusa e incerta, come i nomi “marafone” e “beccaccino”, è anche l’origine del gioco delle carte. Si sa che queste furono introdotte in Italia da Goffredo di Buglione, capitano della Prima Crociata e si ritiene che il gioco abbia avuto origine in Cina, precisamente dalla dinastia Tang, la quale ricavò la simbologia e la numerazione dalla carta moneta.
C’è chi sostiene, invece, che siano stati gli Indiani, i quali avrebbero fatto derivare il gioco delle carte da quello degli scacchi.
Altri sostengono che nella metà del XV secolo furono gli Arabi a diffondere in Europa il gioco delle carte, grazie, appunto, ad un arabo di nome Nayb. Secondo altri studiosi il significato di questa parola, scritta anche “na’ib”, significherebbe luogotenente.
A tal proposito, sembra proprio che per merito di Nayb il gioco delle carte fosse conosciuto a Viterbo sin dal 1378. Questa tesi è sostenuta anche dal cronista Giovanni di Iuzzo da Colleluzzo, che nel 1379 scrisse quanto segue: “Fu recato in Viterbo il gioco delle carte che venne da Serasina e chiamasi tra loro Nayb”.
Comunque, indipendentemente, dalla versione giusta, dal nome “Naibbe” o “Naibi” sarebbe nato il gioco delle carte, termine ormai in disuso nel nostro idioma, ma tuttora in uso in Spagna, sotto la forma lessicale di “Naipes”.
Ma ecco che entrarono in “gioco” anche i Saraceni, tristemente famosi in Romagna sin dai tempi delle Crociate.


Ma a rendere ancora più confuso l’enigma ci si misero pure gli zingari, famosi per la divinazione o predizione del futuro per mezzo dei Tarocchi.



Commento inserito da Cristina Maltoni in data 17/11/2007 20:45:45
www.vecchiazzano.it/p.asp?p=466&i=198





Commento inserito da Cristina Maltoni in data 17/11/2007 20:45:45
www.vecchiazzano.it/p.asp?p=466&i=199
Carte romagnole taroccate fatte a mano del '700


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