E’ vero che la storia dei libri di scuola la scrivono i vincitori ma è altresì vero che l’altra storia, quella vera quella raccontata da chi l’ha vissuta, la possono scrivere tutti, soprattutto nel cuore delle persone che li hanno amati. Ero una bambina e ascoltavo i discorsi di mio nonno che considero la persona che più mi ha insegnato nella vita, l’uomo che ancora oggi imploro di aiutarmi nei momenti più difficili: Nacque a Vecchiazzano nel 1891, lo stesso anno del famoso fucile usato per tanto tempo dall’esercito italiano. La sua era una famiglia numerosa in cui le nascite si susseguivano alle morti, in tempi in cui non si conosceva nemmeno il significato della parola contraccezione. Prese il nome di uno dei fratelli nati prima di lui e prematuramente uccisi da malattie allora sconosciute ed incurabili. Si chiamava Ercole. Di come fosse da bambino e poi adolescente posso solo fare delle ipotesi, sulla base di quello che poi diventò da grande; ho sempre pensato che fosse nato prima del tempo, tanto si rivelò moderno e precursore del futuro. Di sicuro la vita del contadino gli doveva andare molto stretta e i suoi sogni erano quelli di riuscire a spaziare oltre i campi nei quali era venuto al mondo…del resto aveva un fratello maggiore, Antonio che invece amava quella terra e che di sicuro era in grado di portare avanti il compito di famiglia. Partì che era ancora un giovanotto di ventanni e si trovò a combattere in Libia. Gli diedero una tromba ed un fucile con i quali iniziò quella grande avventura che fu la sua vita. La tromba aveva imparato a suonarla anni prima nella banda di Vecchiazzano e credo che nell’archivio storico esista una fotografia che lo ritrae, per l’appunto con il fratello Antonio, entrambi suonatori della banda locale. Oggi tutti sventolano bandiere colorate per annunciare al mondo la propria adesione alla Pace, e anch’io (ma chi non lo è?) non posso che augurarmi che la pace trionfi sempre, ma.. come lui diceva spesso gli uomini fanno la guerra per ottenere la pace….tuttavia le guerre che sono state combattute da quel momento in poi, lui le fece tutte. Ed in tutte si distinse non solo per il valore (lo attesta il suo medagliere) ma anche per la generosità, la clemenza e l’onestà che sempre dimostrò in ogni situazione. Era un soldato e come tutti i soldati sapeva il significato della parola obbedienza agli ordini ma, documenti alla mano, sia nella posizione in cui gli ordini li riceveva che in quella in cui li dava dimostrò sempre la capacità di discernere il bene dal male, cosa all’epoca alquanto rara. Nella prima guerra mondiale si distinse come pilota, lui un ragazzino cresciuto in campagna entrò in quell’elite dei “pazzi sulle macchine volanti” a quei tempi molto più simili ai prototipi disegnati da Leonardo che ai nostri attuali e sofisticati aerei da turismo. Quando guardo le sue foto sui Caproni, sugli alianti e sugli idrovolanti penso a quanto coraggio dovevano avere per andare “su” con dei trabiccoli del genere e per giunta duellare in cielo con i vari Barone Rosso che erano la loro interfaccia austriaca. Quando diventò Ufficiale imparò in poche lezioni a montare a cavallo:”….c’erano tre livelli di corsi e io mi iscrissi al secondo senza avere mai provato prima neanche a montare in sella ed in una settimana venni passato al corso per esperti”. Queste parole me le ricordo bene perché in passato mi dedicai per tanti anni anch’io all’equitazione e fu proprio l’esempio di mio nonno che mi fece vincere tante volte la paura..lui mi diceva spesso che la paura ci deve essere ma che l’importante è vincerla con la determinazione e l’impegno. Fece la guerra di Spagna…oggi si direbbe dalla parte sbagliata…forse hanno ragione…tuttavia lui in coscienza credeva in ciò che faceva e sono convinta che mai da lui partì un ordine che potesse mettere in pericolo la popolazione. Lo attestano i documenti che ancora mia madre conserva gelosamente, oltre agli articoli di giornale e non per ultimi i racconti stessi che tanto hanno resa ricca la mia infanzia ed adolescenza. Mio nonno aiutò sempre tutti, anche in seguito, ed anche qui ho ad attestarlo i documenti del processo a cui venne sottoposto alla fine dell’ultima guerra a Ravenna. Venne processato come tutti i fascisti che vennero fatti prigionieri in quel periodo e lui era un personaggio di spicco che avrebbero voluto fucilare in quanto il suo nome sarebbe stato importante da sventolare come trofeo. Non poterono farlo perché sommersi dalle testimonianze di quanti dovevano a lui la vita, tanti ebrei ed anche tanti partigiani. Mio nonno ha sempre pensato in modo autonomo dalle ideologie e ha guardato gli uomini non attraverso facili e scontati stereotipi ma per come erano individualmente.
Fece tante cose, era un uomo importante e stimato di quell’epoca tanto difficile di cui oggi si parla solo per elogiarne l’aspetto antifascista…ma, di grazia, possibile che non si riesca ancora oggi, dopo più di sessant’anni, a trovare qualcuno che abbia il coraggio di affermare di avere avuto almeno un parente stretto fascista? Lui partì da ragazzino da Vecchiazzano con pochissimi soldi in tasca e mai ne fece durante tutta la sua carriera, a parte il solo stipendio datogli dall’esercito. Non si appropriò mai di neppure un centesimo del denaro che certamente con i suoi incarichi gli passò fra le mani e di questo ne è prova inconfutabile la vita che condusse anche dopo, finita la guerra.
Tutto quanto ho appena scritto nasce in me non da spirito polemico ma dall’avere frugato in questo bel sito di Vecchiazzano, la bella frazione di Forlì dove vengo spesso, in via Cà Dolce a trovare per l’appunto i miei Nonni e tanti miei Parenti che ho amato e che mi hanno amata. Sono tutti qui, in questo cimiterino di campagna che invece ora è diventato grandissimo. Ma io lo ricordo ancora com’era quando venivamo qui da Milano, soprattutto in estate ed entravamo facendoci il segno della Croce attraverso un cancello che allora era arrugginito mentre ora viene aperto e chiuso elettronicamente. Poteva anche capitare di incontrare, fra le tombe, qualche gallinella sfuggita ai pollai limitrofi che girava indisturbata. Le vecchie tombe le ricordo tutte e alle più spoglie faccio ancora quel gesto che vedevo fare a mio nonno:depongo un fiore…si mi ha insegnato tanto! Mio nonno si chiamava Ercole Santucci, era un figlio di Vecchiazzano e qui è tornato a riposare per sempre il 2.2.1975…ma vive ancora nel mio cuore, visto che ho scritto piangendo ed insieme sorridendo in quanto penso che finchè una persona viene ricordata rimane ancora un po’ viva. Grazie Nonno! Caterina Rondelli
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