Caro Direttore, Le lancio un mio piccolo contributo sul tema: “strada di servizio alla cava”, in particolare sulla “macinazione degli inerti” che mi pare sia stata molto minimizzata, quasi coperta o ridotta, in quanto sarebbe fatta (ci viene detto) con un “impiantino” su ruote (quasi un carrettino da gelataio!). Per esperienza professionale, ho avuto rapporti con una grande industria chimica tedesca, fin dagli anni 70. Caduto il muro, si presentò il problema dell’enorme quantità di inerti (derivanti da abbattimenti della vecchia edilizia comunista) e del loro utilizzo o smaltimento. L’industria chimica – che già stava lavorando su un prodotto strategico: “il mattone leggero” – realizzò un impianto pilota in una piccola vallata circondata di conifere secolari, nella quale venivano trasportati tutti gli inerti della ex DDR e qui – lavorando con cicli continui – venivano macinati e polverizzati. Il prodotto che ne risultava, mescolato con un “espandente” ed un “legante” chimico, diventava un nuovo cemento, con caratteristiche incredibili: molto più leggero; con potere di coibentazione elevatissimo (dato dalle bolle d’aria create dall’espandente): ideale per tutte le nuove costruzioni, ma soprattutto per quelle in aree sismiche. Tanto è vero che oggigiorno è usato in Giappone, Perù ed altre aree simili. MA CI FU SOLO UN GRANDE PROBLEMA: la bellissima vallata, circondata da conifere secolari, dopo 3 anni appariva come un deserto: le conifere erano ingiallite e spoglie perché il mix di “polveri sottili”, ed altro, avevano distrutto un habitat naturale secolare di grande bellezza. L’impianto fu immediatamente chiuso.

Ora, parlando della cava per gli inerti a Vecchiazzano, sorge un’inevitabile domanda: il luogo  dove questi nostri amministratori, tanto sicuri di sé, pensano di effettuare la “macinazione” fa parte di una terrazza naturale sopra Forlì. Quanto sono stati informati i cittadini forlivesi e della Romagna sul futuro e terribile rischio per la loro salute? Quale è la maledizione (o quale è l’interesse) che li induce a persistere in scelte “contro” la nostra salute?

Bruno Montanari