“Dalli all’untore!” “2”
Cari amici ed assidui frequentatori del sito www.vecchazzano.it, provo a tornare sull’argomento già trattato una decina di giorni or sono. Il ponte già simbolo del sito stesso e le sue vicende “post restauro”.
Inutile qui ripetere che ho trovate, sin dall’inizio, del tutto appropriate le prese di posizione di quanti hanno dato il loro parere ed inserito documentazione al riguardo. Non v’è dubbio che la qualità della vita percepita, meglio, del degrado in questo caso, è fatta anche di queste cose. Queste anche perché offendono, prima di tutto, per la loro stupidità.
Appropriate, dicevo, ma non sufficienti, a me pare che sia riduttivo fermarsi alla, pur sempre legittima, denuncia, ma che valga la pena di prendere spunto da questo fatto per approfondirlo considerandolo emblematico del più complesso problema che và sotto il nome di “disagio giovanile”, un disagio che ci compete conoscere e contenere.
Non a caso ho scelto quel il titolo, che tanto ha colpito l’amico Ortenzio B. e non a caso c’è in questo una possibile doppia lettura. Provo a spiegarmi meglio.
“Dalli all’untore”, è diventato, negli anni successivi alla peste in Milano e tuttora in voga, un modo di dire per indicare un comportamento normalmente volto a cogliere a tutti i costi “l’untore di turno“. Spesso, come nella sfortunata vicenda ricordata dall’Ortenzio B., senza la certezza della colpa, ma nell’intento di esorcizzare quanto prima il problema. Sorta di sindrome fobica, verso chi abbia comportamenti non riconducibili al nostro modello e non conformi al nostro modo di agire. Spesso, limitandosi a stigmatizzare le conseguenze, ignorando le cause.
Sia chiaro che non è mia intenzione assolvere così gli incoscienti vandali. Tanto meno, sollevare chicchessia dalle sue responsabilità, nemmeno la società che quei vandali ha allevato ed ha permesso loro di considerare lecito, anzi divertente, comportarsi da vandali.
Temo che, se pensassimo che questi episodi fossero l’azione di isolati individui, forviati rispetto alla corretta e diffusa educazione ricevuta, quindi, fosse solo “colpa loro”, commetteremmo un grosso errore. A costo di ripetermi e sembrare a mia volta “bacchettone”, devo dire: purtroppo il problema è qui riassumibile ne “I ragazzi d’oggi e la loro educazione”.
Ma chi è veramente deputato all’educazione dei bambini, poi giovani, oggi?
La famiglia? La Scuola? La Chiesa? Le forze politiche? Chi?
Non vi è dubbio che i genitori hanno preminente questo diritto/dovere e la società con le sue componenti ha il dovere di fornire i mezzi, gli strumenti, per adempiere a questo compito. Responsabilità a cui, è mio parere, non possono abdicare. Se poi questi strumenti vengono resi disponibili attraverso la Chiesa, attraverso la Scuola, ben vengano, visto che esse sono componenti di questa società, sapendo però che, entrambe sono coeducatrici non esclusive. La responsabilità è sempre dei genitori, che possono si essere aiutati ma non surrogati.
Questo solleva problemi in ordine alla possibilità per ciascuno di loro (i genitori) di vivere la propria vita modificando quelli che sono stati gli impegni assunti fra loro e verso i nascituri figli della coppia? Anche in questo caso, la loro responsabilità non viene meno, semmai deve rafforzare in loro la ricerca di soluzioni che non penalizzino i più deboli, i figli e non perché lo dice la Religione.
Attenzione, ho parlato di educare, e sin qui la Religione non c’entra. Semmai la Religione è parte del contenuto educativo. I principi morali, a cui anche la Chiesa si ispira, sono universali: il senso della responsabilità; il rispetto dell’uno per l’altro, delle sue cose e del suo pensare, non sono appannaggio esclusivo di nessuno, essi sono il patrimonio evolutivo e culturale dell’uomo. Il senso civico, l’etica morale, l’onestà e la sussidiarietà fra gli uomini, che la Chiesa ci ha, per prima, insegnato e di cui si è fatta interprete nel mondo, sono valori che non le appartengono. Essi sono valori universali quasi soprannaturali, una sorta di verità rivelata, dei quali anche la Chiesa Cattolica si è fatta interprete.
Fatta chiarezza su questo punto, potremo spazzar via tutto un fardello di pregiudiziali e di veti incrociati e di sospetti, che oggi immobilizzano, o danno alibi, ai gestori della cosa pubblica, gestori cui compete, per l’appunto, di fornire gli strumenti alla famiglia. E’ necessario che, a tutti i livelli, ciascuno per quanto gli compete,si riappropri del dovere di educare: i propri figli, i giovani con cui è a contatto, i giovani delle comunità in cui viviamo.
Questo è il mio pensiero, ma ancora non ho detto niente, se non enunciato il fatto. E’ necessario arrivare a capire che cosa non ha funzionato e tuttora non funziona, di questo processo educativo. Occorre discutere fra noi fino a formulare delle ipotesi condivise, che i nostri politici sappiano convertire, con la collaborazione di tutti, in proposte sensate e sostenibili.
Aspetto di leggere il vostro parere, prima su questo mio sfogo, ma soprattutto le vostre idee al riguardo con le vostre ipotesi.
Da Venezia, tanti cordiali saluti. Giancarlo LOLLI
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