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Articolo inserito da Gilberto Giorgetti in data 06/08/2006
Storia
letto 23907 volte in 18 anni 3 mesi e 16 giorni (3,58)
Vecchiazzano fra Ottocento e Novecento - TERZA PARTE
Don Brunaccini era sempre parroco a Vecchiazzano, quando il 23 marzo 1919, a Milano in piazza S. Sepolcro, il quadrunvirato Mussolini, Balbo, De Vecchi e De Bono fondarono i fasci di combattimento. Con questo evento si incrementarono le lotte politiche e le prime provocazioni.
Il 27 dicembre 1920, in via Tomba accadde una disgrazia nella casa detta de’ Rós, ancora oggi esistente al numero civico 23. Un figlio di Attilio Milandri stava sparando con una rivoltella ad aria compressa quando, improvvisamente, apparve dall’angolo della casa la sorella Dina, di soli dodici anni, che rimase uccisa all’istante.

Il 29 maggio 1921, i fratelli Edgardo, Amerigo e Dino Ravaioli, rispettivamente di anni 10, 6 e 5, che abitavano al “Buco” (‘E bus) sulla strada per Ladino, erano andati al fiume Montone, poco distante dalla loro casa, per vedere le rondini nidificare nella creta della riva, quando improvvisamente giunse una fiumana che li travolse. Edgardo rimase impigliato con le bretelle dei pantaloni al ramo d’un albero e si salvò, mentre Amerigo e Dino furono travolti dall’acqua ed annegarono. Attilio Ravaioli, padre dei ragazzi e marito di Rosa Piazza, detta Biciòna, al momento della disgrazia era ancora prigioniero di guerra in Ungheria e venne liberato nello stesso anno.

Nel gennaio del 1921, dalla scissione del Partito Socialista Italiano al XVII congresso di Livorno nasce il Partito Comunista Italiano.
La domenica sera dell’11 maggio 1921, nel corso della campagna elettorale, nel circolo comunista e socialista di Vecchiazzano, ubicato in via Castel Latino all’attuale numero civico 45, si svolse una festa danzante. Allora era consuetudine ballare la domenica pomeriggio, per poi, verso le 19,00, fare una pausa di circa un’ora per la cena. La serata danzante riprendeva poi fino a notte inoltrata.
Fra le 19,00 e le 19,30, due camion, con molti avanguardisti armati provenienti dalla strada di Ladino, si fermarono davanti a questo circolo, mentre la gente stava tornando a casa per la cena. I fascisti, col pretesto di aver udito delle pernacchie contro di loro, diedero vita ad un diverbio con i presenti, che sfociò in una vera e propria sparatoria. Ci fu un fuggi fuggi generale e dalle case vicine qualcuno s’armò di fucile per rispondere al fuoco. Anche da casa Sbaràia, un uomo corse in aiuto con la doppietta e, nei pressi del fosso Cavone nascosto fra i pagliai degli affittuari dello Gnù, sparò contro i fascisti.
Ricorda Napoleone (Guido) Casadei, detto Gnù, di aver visto un fascista con un’arma militare, all’angolo della sua casa, sparare ripetutamente verso la Casa del Popolo.
Un tale che era alla festa danzante, tornando a casa, incontrò Domenico Gatta, lungo la strada della Punta, e gli raccontò l’accaduto.
Gatta era un giovane di 27 anni, che abitava di fronte all’odierno ospedale “Pierantoni”. Domenico rientrò in casa e informò il padre del fatto. Insieme si avviarono verso il circolo dei comunisti, Domenico imbracciava un fucile e il padre gli portava le cartucce.
Al bivio di via Carlo Forlanini, detto l’incrocio ad Gustin, incontrarono i due camion coi fascisti che stavano ritornando a Forlì. Domenico gli sparò contro e s’ebbe un nuovo conflitto a fuoco, dove Domenico rimase ucciso raggiunto da un proiettile al torace. Il padre, invece, riuscì a fuggire. Nello scontro rimase ferito ad un braccio anche Aurelio Sgarzani, detto Sibaröl, che era sul camion insieme ai fascisti.

Nel 1927 è inaugurato il nuovo cimitero comunale dietro la chiesa. La signora Bergamini, madre di Enrico Bergamini è la prima salma ad esservi sepolta.
Il vecchio cimitero era situato a nord dell’antica parrocchiale e in parte occupava l’area della nuova chiesa, costruita su progetto dell’ing. Luigi Cervesi di Forlì nel 1942. Per legge fu possibile procedere all’esumazione di tutte le salme del vecchio cimitero solo nel marzo del 1939, poiché era stato abbandonato nell’anno 1927. Il cimitero era rimasto, infatti, a lungo incustodito e dava alla zona un aspetto sinistro, circondato da un’incolta siepe di biancospino.
Le case di Vecchiazzano erano raggruppate in cinque strade principali. La strada Punta partiva dalla comunale Rabbi verso S. Varano. La strada Borghetto si dirigeva a destra verso Massa e comprendeva l’attuale via Ponte Rabbi. Quest’ultima un tempo apparteneva alla frazione di S. Martino in Strada. In seguito, detta strada, con un decreto vescovile, fu unita a Vecchiazzano. Nel 1931 fu poi inglobata nell’area urbana assumendo nome e numerazione civica diversa da quella di Vecchiazzano. Al Borghetto apparteneva il mulino che confinava col circolo repubblicano. Quest’ultimo, durante il ventennio, era la sede del Partito Fascista. Di fronte al circolo era situata la bottega di generi alimentari e latteria del noto Gigàl. La strada San Lorenzo partiva, invece, dal centro, dove c’era lo spaccio, il telefono, il falegname, il barbiere, il calzolaio, il fabbro e la Posta. Infine, nel territorio di Vecchiazzano c’erano le strade Tomba e Caplêt, la prima si dirigeva a sinistra verso Massa, l’altra verso Ladino.
La parrocchia di Vecchiazzano ebbe un forte incremento demografico dopo la prima guerra mondiale, dal 1918 al 1926 duplicò la popolazione fino a raggiungere nel 1931 circa 1600 anime.

Nella foto - Dina Milandri





Nella foto – L’antico cimitero a fianco della vecchia chiesa, dove attualmente sorge la nuova.
(Archivio parrocchiale di Vecchiazzano)

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