La guerra in Italia 1943-1945 L’invasione alleata dell’Italia il 3 settembre 1943 coincise con la firma di un armistizio con l’Italia stessa che successivamente riprese la guerra a fianco degli alleati. La campagna fu quindi combattuta fra le truppe tedesche d’occupazione in Italia, ancora sostenute da un numero esiguo di unità italiane, ed il 15° Gruppo di Armate alleate che comprendeva inizialmente l’Ottava Armata (Commonwealth), la Quinta Armata (Americana), composta da un corpo d’Armata americano di uno del Commonwealth, e da alcuni reparti italiani che lottavano per la liberazione del loro paese. Col progredire della campagna reparti francesi, polacchi, greci e brasiliani si unirono al 15° Gruppo di Armate. Le truppe armate furono aiutate, sempre di più man mano che la campagna avanzava, dal movimento partigiano dietro le linee tedesche. Gli obiettivi alleati erano di deviare truppe tedesche sia dal fronte russo sia dalla Francia dove erano previsti sbarchi alleati per l’anno successivo. Durante la campagna d’Italia i preparativi per l’invasione dell’Europa occidentale ebbero la precedenza nell’impiego sia umano che materiale. Questa strategia portò non solo alla riduzione delle operazioni anfibie, per i quali il terreno era particolarmente adatto, ma anche al ritiro di divisioni del Commonwealth, americane e francesi (insieme a gran parte del sostegno aereo) per gli sbarchi nella Francia occidentale e meridionale e per le successive operazioni nell’Europa nord-occidentale e in Grecia. Le truppe tedesche erano risolute, ben equipaggiate ed abilmente dislocate. La penisola italiana è costituita in gran parte da una spina dorsale montuosa – gli Appennini – dai quali hanno origine numerosi fiumi che scorrono, attraverso profonde gole, verso il mare. Queste gole furono degli ostacoli formidabili per gli attaccanti in ogni stagione: gonfi d’acqua o di neve nel rigido clima invernale e tenacemente difesi, divennero ostacoli ancora maggiori e i nomi di molte battaglie della campagna derivano da quelli dei fiumi il cui attraversamento fu aspramente contrastato. La guerra nelle zone di montagna, prevalente durante i combattimenti in Italia, richiedeva truppe appositamente addestrate, all’inizio solo le divisioni indiane e francesi erano così addestrate. Questa guerra metteva inoltre in rilievo il fatto che la fanteria, appoggiata dall’artiglieria e dal genio, era l’arma decisiva sul campo di battaglia; in montagna il carro armato era nulla di più che un cannone semovente. I muli, le jeep e gli aerei che lanciavano i rifornimenti divennero i mezzi di trasporto necessari per sostenere le truppe nelle montagne. Gli alleati impiegarono del tempo prima di riuscire ad adattarsi a questo tipo di guerra. In questa campagna le tre armi, ciascuna nel proprio ambito, combatterono quasi fossero una sola e i rifornimenti ed i rinforzi erano trasportati dalle Marine Mercantili. I cannoni navali fornirono un sostegno diretto sia negli sbarchi che nel successivo impegno con bersagli a terra. Le forze aeree, oltre al loro ruolo strategico nei bombardamenti, fornirono uno stretto sostegno alle truppe sia tattico sia con lanci di rifornimento. Durante tutta la campagna, il dominio del mare e del cielo fu costante. Mancando uno di questi elementi la campagna, che aveva avuto origine interamente dal mare, non avrebbe potuto essere sostenuta. L’Ottava Armata, sbarcando a Regio calabria il 3 settembre 1943 ed a Taranto il 9 incontrò scarsa resistenza. Lo sbarco della Quinta Armata avvenuto a Salerno il 9 fu invece duramente contrastato e solo il 14, con l’aiuto di un potente sostegno aereo e navale, la controffensiva tedesca fu sopraffatta. Il 16 l’ala sinistra dell’Ottava Armata si congiunse all’ala destra della Quinta, e successivamente la quinta armata avanzò lungo la costa occidentale, occupando Napoli il 1° ottobre mentre l’Ottava Armata risaliva la costa orientale conquistando Termoli il 3 dello stesso mese. Così fu la fine delle avanzate rapide. Aspri combattimenti che durarono fino alla fine dell’anno videro le truppe alleate bloccate sulla Linea Gustav. Il 12 gennaio 1944 una serie di attacchi furono portati lungo la linea Linea Gustav, soprattutto contro la roccaforte di Cassino ed il 22 vi fu uno sbarco alleato ad Anzio con l’obiettivo di tagliare le linee di comunicazione tedesche e minacciarle alle spalle. Ma i tedeschi resistettero a Cassino non solo il primo ma anche a due successivi attacchi, e contrattaccarono ad Anzio cosicché la testa di ponte fu mantenuta solo con difficoltà. Lasciando nella parte orientale del paese solo una forza di difesa, la massa delle truppe dell’Ottava Armata fu poi trasferita per unirsi a quella della Quinta ad occidente. In questa concentrazione condotta con maestria tre quarti delle forze del 15° Gruppo di Armate furono portate a premere sul breve fronte fra Cassino ed il mare. L’attacco fu sferrato l’11 maggio, la posizione di cassino fu presa il 18, le truppe ad Anzio spezzarono l’accerchiamento ed i tedeschi abbandonarono la Linea Gustav il 22; la strada attraverso la valle del Liri fu così aperta e gli alleati entrarono a Roma il 4 giugno. La ritirata tedesca , dapprima precipitosa, rapidamente divenne ordinata e ci furono successive resistenze alle Linee Trasimeno, Arezzo, Arno e Gotica. Benché un’offensiva lanciata il 10 settembre facesse breccia nelle fortificazioni della Linea Gotica, le montagne stesse sbarrarono in seguito la strada eccetto che sul fianco adriatico dove il fronte fu portato in avanti fino a Ravenna. Nel dicembre, con l’arrivo dell’inverno, gli alleati si posero sulla difensiva per raccogliere le forze per l’offensiva di primavera lanciata il 9 aprile. Dopo una settimana di duri combattimenti il fronte tedesco si spezzò, truppe del fianco destro della Quinta e del fianco sinistro dell’Ottava Armata entrarono a Bologna contemporaneamente ed entro il 23, la maggior parte delle forze tedesche era intrappolata sulla riva meridionale del Po. Il 25, quando sia la quinta che l’ottava attraversarono il Po, vi furono insurrezioni popolari nelle città dell’Italia settentrionale ed i partigiani ne presero il controllo dalle guarnigioni tedesche. Il 2 maggio, data della resa tedesca, la Quinta Armata aveva raggiunto Torino ad ovest, mentre l’Ottava raggiungeva Trieste all’est. Il successo finale alleato in questa aspra ed a volte frustrante campagna fu così completo che deve essere motivo di riflessione la portata tanto più estesa che avrebbe potuto avere se le divisioni e le forze aeree ritirate e destinate ad operazioni su altri fronti fossero state mantenute in Italia. 42.000 marinai, soldati ed aviatori delle forze del Commonwealth morirono nella campagna; di essi 38.000 sono sepolti nei 37 cimiteri di guerra del Commonwealth e 1.500, i cui resti sono stati cremati, sono commemorati sui monumenti appositi in tre di questi cimiteri. I nomi di 4.000 soldati i cui luoghi di sepoltura sono ignoti sono ricordati nel Monumento Commemorativo di Cassino; quelli dei marinai ed aviatori dispersi sono ricordati nei monumenti eretti nei loro porti di partenza e nel Monumento ai Caduti delle Forze Aeree a Marta. Nessuno dei cimiteri di guerra è solamente un cimitero del campo di battaglia ma ciascuno contiene tombe di caduti ivi raggruppate da zone più ampie, dopo che i combattimenti si erano allontanati. Molti di essi però furono iniziati come cimiteri di campi di battaglia e tutti hanno un particolare significato in relazione alla campagna.
Cimitero di Guerra di Forlì. In questo cimitero sono sepolti 738 Caduti, di cui quattro sono ignoti.
Essi appartengo ai seguenti Paesi: Gran Bretagna 526 Canada 7 Nuova Zelanda 165 Sud Africa 30 India 8 Pioneer Corps dell’Africa del Sud 1 Seychelles 1
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