Fu il forlivese Gaetano Pasqui che verso la prima metà dell’Ottocento iniziò alla “Bertarina” di Vecchiazzano la coltivazione del luppolo in Romagna e con la relativa lavorazione introdusse la “Birra Pasqui”. Come scrive Emanuela Andreatta su “La Voce di Romagna” del 3 marzo 2006, nel 1847 in un suo fondo alla “Bertarina” si mise a coltivare una trentina di piante di luppolo e nel 1850 ebbe i primi risultati. Tutto ciò è documentato da un fascicoletto del 1861, composto da quindici pagine scritte e cinque illustrate. La particolarità della notizia sta non solo perchè risale al 1847, ma soprattutto per la coltivazione del luppolo in loco, un aspetto da non sottovalutare. Quindi oltre alle regioni del nord, tra le prime ad intraprendere un certo tipo di produzione, va aggiunta anche la Romagna. In effetti, le prime produzioni nazionali della birra risalgono a quel tempo ed erano tutte concentrate nel nord del paese. Tra queste si ricordano la Wuhrer di Brescia del 1829; la Peroni di Vigevano del 1846, poi trasferita a Roma; la Moretti di Udine, del 1859, ma non si aveva notizia della Pasqui di Forlì. Nella prima “Monografia Statistica, Economica, Amministrativa della Provincia di Forlì” del 1866 è scritto quanto segue: “Il sig. Gaetano Pasqui ha introdotto la fabbricazione della birra ed ha iniziato la coltivazione del luppolo. L’attività si svolge essenzialmente per sei mesi all’anno ed occupa ordinariamente due operai. Nel 1863 sono state smerciate 35.000 bottiglie, anche fuori della Provincia”. Sulla produzione della birra, con annessa piantagione di luppolo, dopo gli anni suddetti cala il più assoluto silenzio, ma si ritiene venisse prodotta in una villetta rurale ubicata alla “Bertarina”, ceduta dai Pasqui dopo la Seconda guerra mondiale e di recente demolita. La casa era posta alla confluenza dei fiumi Rabbi e Montone, sulla sponda opposta rispetto a quella dove ora sorge l’ospedale “Pierantoni-Morgagni”, dove l’abbondanza e la purezza dell’acqua di allora era indispensabile per la fabbricazione della birra. La “Birra Pasqui” doveva essere di ottima qualità poiché ebbe il riconoscimento nelle esposizioni provinciali del 1852 e del 1856, la medaglia d’oro in quella di Firenze del 1861, nonché una menzione d’onore e l’anno seguente nell’analoga manifestazione di Londra. Gaetano Pasqui era anche un raffinato esecutore di modellini che riproducevano macchine agricole e servivano da campionari durante le varie esposizioni. Infatti, in una motivazione ufficiale viene definito “Commissionario di macchine e strumenti rurali, premiato per invenzioni di strumenti rurali e per costruzioni di modelli ad uso delle scuole di agronomia”. Di questi modelli ne sopravvivano diciotto e, in gran parte, si tratta di aratri in scala 1:5, che forse risalgono al 1870 e si trovano presso l’Istituto Tecnico Statale per Geometri “Camillo Rondani” di Parma. Come e perché da Vecchiazzano questi oggetti siano emigrati in Emilia è ancora da verificare. * Gaetano Pasqui (1807-1879), agronomo e modellista, coniugato con Gertrude Silvagni (1810-1882) ebbe quattro figli: tre femmine, che rimasero nubili, Livia (morta il 2 luglio 1923), Ottavia (1849 - 18 gennaio 1933), con la quale si estinse il ramo della famiglia, Claudia (1850-1896) e un maschio di nome Tito. * SEGUIRANNO AGGIORNAMENTI E APPROFONDIMENTI RICAVATI DA TESTIMONIANZE VERBALI E DA DOCUMENTATI, RIGUARDANTI QUESTO ARGOMENTO


birra Pasqui
Nella foto - Ottavia Pasqui
Nella foto - Tito Pasqui Tito Pasqui (1846-1925), studente in ingegneria civile all'Università di Bologna, nel 1866 conseguì due lauree. Nello stesso anno partecipò come volontario, nell'8° reggimento Volontari Italiani al comando di Achille Cantoni, alla III guerra d'indipendenza. Ripresi gli studi fu dapprima assistente alla Scuola Agraria di Bologna, quindi insegnante di estimo e costruzioni all'Istituto Tecnico di Ravenna. Fu chiamato a rappresentare il governo in varie esposizioni internazionali e divenne ispettore generale e presidente della bonifica dell'Agro Pontino. Fu eletto alla Camera nel 1897 durante la XX Legislatura. Lasciò una raccolta di libri e documenti alla Biblioteca civica di Forlì. Pubblicò diverse opere di argomento agrario: "Le macchine al concorso agrario di Ferrara”, Coltivazione del cappero”, “La filossera".
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