Articolo inserito da Caterina Rondelli in data 21/05/2007
Storia
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a Silvio Santucci
A Silvio Santucci
Ok ci provo, per fare un regalo a mia madre che me lo chiede già da un po’…per lo meno da quando ho scritto quell’altra cosa su mio nonno e che solo oggi ho inserito in questo bel sito. Questa volta il protagonista è sempre un mio parente, ma la differenza sta nel fatto che io non l’ho mai conosciuto…morì giovanissimo il giorno in cui arrivò in Albania e la cosa risale al 4.12.1940. Di lui conosco quanto mi è stato raccontato da mia madre, dalla sua vedova, Irma Spazzoli, dai suoi figli Ellero e Maria Luisa Santucci e non per ultimo da mio nonno….quando ne parlava ricordo che la sua voce si spezzava sempre dalla commozione.
Si chiamava Silvio Santucci,ma tutti lo chiamavano Ugo, nacque l’1.11.1911 a Vecchiazzano, nella vecchia casa dove tanti di noi sono nati, sita in via Tomba. I suoi genitori si chiamavano Antonio Santucci e Colomba Dradi.
Dire che era bello è sicuramente riduttivo…di certo oggi sarebbe stato selezionato per il cinema o per la televisione..ma all’epoca tutto questo era lontanissimo anni luce dall’Italia in generale ma soprattutto da Vecchiazzano. Così questo bellissimo e sicuramente intelligente ragazzo di provincia si dovette accontentare del ruolo nel quale la sua nascita lo aveva costretto, anche se i suoi sogni scavalcavano di gran lunga i confini del podere paterno. Pare che dall’adolescenza in poi fosse in conflitto con il padre che pretendeva da lui una maggiore aderenza al suo ruolo di unico figlio maschio di una famiglia rurale..pare invece, dai racconti di tutti, che avesse stabilito un forte legame con mio nonno che lo considerava come un figlio.
Le sorelle Dina, Armida, Maria e Alba, la più piccola, lo adoravano…mia madre anche.
E io adesso sono qui a chiedermi, a distanza di più di sessant’anni chi fosse veramente questo mitico Silvio.. mi chiedo quale fosse la sua personalità o ancor più semplicemente cosa nasconda la sua immagine, quella delle fotografie, sempre più ingiallite, che sono andata cercare nel baule dei ricordi.
Ho tentato una specie di intervista a mia mamma che ne ha un ricordo struggente ma che aveva solo 12 o 13 anni quando lui morì.
E’ strano ma la cosa che più volte mi ha ripetuto è stata che avrebbe dovuto nascere molto tempo dopo e che sicuramente sarebbe stato felice.. di sicuro non avrebbe fatto il contadino ma avrebbe studiato…del resto, potendo, lo avrebbero fatto anche le sue sorelle.. si pensi che la maggiore, la Dina, visto che nella scuola locale le classi arrivavano fino alla quinta elementare pregava di farsi bocciare per poter continuare ad andare a scuola…che tristezza!
Sempre mia madre di lui dice: “…era un bravo ragazzo.. lì in campagna non era felice e non si sentiva realizzato…il padre lo spingeva a lavorare sempre di più e non lo ricompensava mai a sufficienza per il lavoro che svolgeva, ma lui non diceva nulla…all’epoca si diceva che ‘non rispondeva’ :-) …però cercava ogni occasione per uscire.” Per esempio pare che aggregandosi, con la complicità di mio nonno, alle associazioni sportive dell’epoca, fosse riuscito ad imparare a sciare e che avesse anche vinto una medaglia in una gara a Limone Piemonte
“…era un creativo ma visto il contesto nel quale viveva, le sue capacità divergenti le esprimeva con le povere cose che aveva a disposizione” sempre lei ricorda i piccoli giocattoli in legno che riusciva a creare con estrema facilità o l’elaborazione di un rastrello che forse oggi definiremmo ergonomico.
Un’immagine mai vista, ma solo raccontata sempre da mia madre, ha colpito la mia infanzia: la sera prima di partire per quello che divenne il suo ultimo viaggio lei, che abitava a Forlì, andò a salutarlo nella casa di Vecchiazzano. Era in cucina con sua moglie Irma ed i suoi due bambini, Ellero e la piccola Maria Luisa. Era un quadro pieno di amore e di tenerezza..lui vide mia mamma e le andò incontro sorridente tenendo seduta sulle sue mani la piccolina…a lei sembrò una bellissima bambola…e per tutti questi anni questa è l’immagine che ha voluto mantenere di lui. Pochi giorni dopo vennero a sapere che appena sbarcato sulle coste albanesi il suo contingente venne bombardato dal cielo e di lui non rimase nulla…solo il ricordo…..ma in fondo che cosa rimane di tutti noi se non il ricordo?
“Eran trecento, eran giovani e forti e sono morti” quando me la fecero imparare a memoria a scuola feci subito l’associazione mentale con questo cugino mai conosciuto ma sempre ricordato da tutti.
Per esempio mi tornano alla mente i pomeriggi trascorsi a chiacchierare a casa di sua sorella Alba.. anche lei non c’è più e mi manca ancora tanto…non è vero che il tempo annulla il dolore delle perdite…io la consideravo un po’ come una vice mamma…non ho zie pertanto il mio modello rimane sempre quello materno. Anche lei, per me, era speciale!
Ma torniamo a Silvio: l’Alba non poteva parlarne senza che le si inumidissero gli occhi…sia per lui, sia per i suoi due bambini (adesso sono due splendide persone) che persero all’improvviso non solo l’affetto di un padre ma anche la sicurezza economica in un momento storico già di per se difficile per tutti.
Irma, la moglie, non lo dimenticò mai e da quel momento, fino alla morte avvenuta solo circa un anno fa, visse per i suoi figli.
Si doveva essere proprio una persona speciale se ancora oggi, dopo tanto tempo, io che non l’ho mai conosciuto sono ancora qui a scrivere di lui e a commuovermi e a rammaricarmi per qualche cosa che non è mai stato.
Commento inserito da
Davide Dradi in data 06/07/2007 20:45:45
www.vecchiazzano.it/p.asp?p=344&i=104
Ciao Caterina, ho letto il tuo bellissimo articolo nel ricordo dello zio Silvio, anch'io non l'ho mai conosciuto, ma conservo un ricordo sempre presente nei racconti di mia madre.