Luciano Ravaglia in "Case rustiche di Romagna" descrive ampiamente la storia, l’uso e le tipologie delle abitazioni rurali. Nel forlivese la casa colonica era rettangolare, costruita ad unico corpo di fabbrica e a due falde, con annesse capanne laterali con tetto spiovente all’esterno. Una capanna serviva da ripostiglio per le macchine e gli attrezzi da lavoro, nell’altra c’erano, invece, il forno, il pollaio, i porcili e a nord la cantina.
Queste vecchie case furono costruite secondo le esigenze di vita di quei tempi, con materiali di recupero che generalmente si trovavano sul luogo.
Nei secoli, l’uomo ha costruito sul luogo di lavoro la propria dimora e prima di tutto ha recintato il terreno per difendersi dall’esterno, apportando così la prima modifica al territorio circostante. Sono venuti, in questo modo, a far parte dell’ambiente, castelli, borghi, insediamenti isolati e colture appropriate ai tipi di terreno.
L’Italia di oggi, infatti, deriva da una grande civiltà agricola che, nel corso dei secoli, ha "disegnato" il paesaggio. Le case sono rimaste l’elemento simbolico, nelle loro linee pure ed essenziali, che permette di unire l’architettura del costruito con quella del non costruito, determinando un tutto unitario. Il forno, il portico, la scaletta, l’architrave, il vario gioco dei pieni e dei vuoti, in una libertà compositiva al di sopra di qualsiasi canone formale, sono elementi espressivi della casa agricola che derivano dalla spontanea fusione di esperienze antiche.
In Romagna, la particolarità del territorio caratterizza anche l’abitazione rurale, che va dal piccolo fabbricato, dalle caratteristiche tosco-emiliane, al casolare unico, più aperto verso l’ambiente, tipico delle aree mediterranee. Questi edifici hanno un contenuto di autenticità, perché immediatamente percepibili, equilibrati nelle loro dimensioni s’inseriscono con armonia nell’ambiente e spesso sono raggiungibili da una "callaia", dove all’inizio svettano due pioppi "Al piôpi a la spurtëla" (pioppi all’ingresso della proprietà "sportello").
VECCHIE CASE RURALI DI VECCHIAZZANO
Ca’ Masöla – Via Castel Latino
(Foto Vittorio Rivalta)
Ca’ Faentén – Via Ca’ Dolce: questa strada prende nome da un’antica casa del luogo, ovvero Ca’ Dôş. La cattiva traduzione della parola DÔŞ ha permesso l’alterazione del nome in DOLCE.
Nel dialetto romagnolo per Dôş s’intende lo ZAFFO, un lungo tappo di legno a forma tronco-conica che chiude il foro inferiore della botte.
Perciò l’esatto nome della strada doveva essere Via Ca’ Zaffo.
(Foto Vittorio Rivalta)
Ca’ Multalêt – Via Veclezio
(Foto Vittorio Rivalta)
Ca’ Freschi – Via Veclezio
(Foto Vittorio Rivalta)
Ca’ Pêl – Via Veclezio
(Foto Vittorio Rivalta)
Ca’ Camurâni – Via Tomba: ricostruita
(Foto Vittorio Rivalta)
Ca’ Canêta – Via Tomba
(Foto Vittorio Rivalta)
Ca’ Zurundén – Via Tomba: demolita
(Foto concessa dalla famiglia Zanotti)
Casa Contri – via Tomba
(Foto di Vittorio Rivalta)
Casa L’umén – via Tomba
(Foto di Vittorio Rivalta)
Casa Fuscêl – via Tesoro
(Foto di Vittorio Rivalta)
Casa Barasin – via Tesoro
(Foto di Vittorio Rivalta)
Casa Barêsa – via Tesoro
(Foto di Vittorio Rivalta)
Casa Brona - Via Borghina, 4
(foto Vittorio Rivalta)
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